Tragedia di Cardito (NA) - "I bambini sono campanelli d'allarme delle violenze familiari. Le Istituzioni devono saperli cogliere"
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“L’inaccettabile
omicidio consumatosi tra le mura domestiche di una famiglia di Cardito (NA), è
una delle terribili conseguenze di una piaga sociale spesso “invisibile” che è
quella della violenza intrafamiliare assistita e/o subita dai bambini. Come
Sociologa e Mediatore Familiare, ma prima ancora come donna, la mia riflessione
è rivolta ad indagare le cause più profonde legate al sempre più diffondersi di
questi fenomeni. La tutela dei bambini vittime e testimoni di violenza
intrafamiliare si collega alla complessa rete che si attiva per contrastare la
violenza di genere e coinvolge una pluralità di interventi, i quali, purtroppo,
solo in parte sono realizzati tenendo conto dei bisogni dei più piccoli,
nonostante i diversi provvedimenti dell’autorità giudiziaria e di recupero
delle capacità genitoriali siano pensati proprio nell’ottica della protezione
dei minori. Questo perché la famiglia resta ancora la più “privata”,
autoreferenziale e isolata di tutte le aggregazioni umane, capace di creare le
relazioni umane più ricche, in cui i genitori possono fornire le migliori
opportunità per i propri figli ma anche esporli ai rischi e alle esperienze più
distruttive. Ma i bambini, in realtà, sono i più grandi comunicatori,
attraverso i racconti, i gesti che imitano e che riportano possono inviare
messaggi su quella che è la loro condizione familiare a volte opposta
all’immagine pubblica che la famiglia vuole dare di sé. Messaggi che emergono
spesso a scuola che è il luogo di socializzazione più importante per il minore
subito dopo il contesto familiare e che possono portare all’avvio di un
intervento di tutela. La violenza assistita e poi subita ha caratteristiche
particolari in quanto il bambino è testimone di una violenza fisica o
psicologica grave agita da un adulto nei confronti di un componente del nucleo
familiare, che può essere anche un fratello, come in questo caso terminato nel
più inaccettabile dei modi. Ad ogni modo, un bambino violato si porta dietro un
danno socio-relazionale ed emozionale profondo che può determinare delle
conseguenze nelle sue relazioni familiari, professionali, amicali e di coppia
in età adulta. Tutto dipende dalla capacità di adattamento, flessibilità e
resistenza allo stress e alle avversità del soggetto e dei membri del nucleo
familiare, ma necessita di una “azione di rete” forte.
E
questo diventa ancora più evidente alla luce dei diversi cambiamenti del “sistema
famiglia” e delle relazioni di coppia. Sono sempre più frequenti le “famiglie
ricostituite o allargate” che portano ad una riorganizzazione delle relazioni
tra i figli dei diversi partner della nuova coppia formatisi o tra questi
ultimi e il nuovo compagno della madre o del padre, non privi di momenti di
conflittualità.
Spesso all’interno dei nuclei familiari in cui
i bambini subiscono esperienze traumatiche ci si trova di fronte ad adulti che
pur avendo nei confronti del figlio un sincero legame affettivo non riescono a
coglierne i bisogni. Sono genitori che non avendo potuto contare loro stessi
sulla protezione e la vicinanza di adulti, si trovano poi ad avere delle
difficoltà ad essere un riferimento genitoriale di supporto ai bisogni dei loro
figli. Ma quante persone che stanno leggendo questo articolo si diranno che
oggi è difficile educare i figli, che queste sono solo parole? Esiste ancora un
modello educativo e culturale che tende a “normalizzare” certe situazioni. Ma
lavorare sulla violenza significa abbandonare certe convinzioni. Siamo tutti a
rischio di agire e subire comportamenti maltrattanti. Per interrompere il
maltrattamento bisogna rendersi conto di cosa lo ha generato ma per prevenirlo
c’è bisogno di una incisiva azione culturale. I bambini sono vittime ma sono il
primo campanello di allarme di quello che non va. Per questo, a mio parere, gli
interventi nelle scuole devono aumentare ed essere strutturati, per rilevare
situazioni di abuso”.
Rossella Cappabianca