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“La
violenza a scuola non è solo bullismo. L’Osservatorio Internazionale sulla
violenza nella scuola mette in evidenza come sia importante considerare l’insieme
delle relazioni che hanno carattere violento nel contesto scolastico, piuttosto
che limitarsi al cosiddetto “bullying” che è solo una delle forme di
manifestazione della violenza. Mi viene da pensare non solo all’aggressione
fisica, alla violenza verbale o psicologica e all’esclusione dai rapporti praticata
tra studenti ma anche alla violenza perpetrata dai ragazzi nei confronti degli
insegnati e di questi ultimi nei confronti degli alunni, si prendano in
considerazione i diversi casi presso le scuole dell’infanzia o primaria.
Abbiamo quindi diverse forme di violenza fisica, verbale e relazionale legate
al contesto scolastico. Ho lavorato molto su questo tema e dai vari interventi
svolti negli Istituti scolastici emerge con chiarezza che l’aggressività, la
violenza e il bullismo in particolare sono forme di “comunicazione”. Attraverso
questo comportamento chi aggredisce comunica una serie di cose. Gli adolescenti
spesso non avendo dei solidi punti di riferimento, avendo perso la speranza nel
progettare per sé stessi, sfogano le frustrazioni personali nel “branco” che
diventa il loro punto di riferimento. Compensano senso d’inferiorità con rabbia
e aggressività, così come evidenziato da diversi casi. Si pensi alla cultura
dominante in cui per “farsi strada” si utilizzano metodi prevaricatori, in cui
si reagisce con violenza a ciò che si ritiene abbia offeso il proprio onore.
Questo è il clima in cui si trovano a crescere i nostri ragazzi e che per
quanto si stia provando a sradicarlo ha radici profonde. Le stesse famiglie un
tempo forse più attente al ruolo educativo sono diventate vittime del sempre più
crescente individualismo nei rapporti sociali e della diseguaglianza sociale.
In presenza di una più ampia povertà e di assenza del lavoro falliscono le
variabili di processo caratterizzate da famiglia, scuola, partiti politici,
associazioni varie, organizzazioni religiose e il senso di appartenenza al
“branco” si fa più forte. I mezzi di comunicazione hanno poi esaltato alcuni
fenomeni producendo un “effetto moltiplicatore” da imitazione, tale da creare “l’allarme
bullismo” ma oscurandone le motivazioni più profonde.
Per
quanto riguarda cosa possono fare la scuola e i Servizi territoriali di
competenza, siamo già a buon punto con dibattiti e progetti informativi ma non
bastono da soli al contrasto di queste forme di violenza. Bisogna avvicinarsi
ai ragazzi, saperne accogliere il disagio laddove c’è e realizzare progetti per
una scuola che non sia solo trasmissione di sapere ma sia anche luogo di
educazione alle relazioni. Ma tutto ciò è possibile con una maggiore
consapevolezza e collaborazione delle famiglie. Le figure genitoriali sono le
prime a trasmettere le regole e i modelli comportamentali che formeranno la
personalità dei ragazzi sin da bambini e solo operando insieme, famiglia,
scuola e Istituzioni sociali, si può migliorare”.