SOCIETA’ E MEDIA NELL’ERA DEL BICAPITALISMO: LA FELICITA’ E’ UNA “GABBIA MEDIALE”?



 

Pubblicato su: "La Società in ...Rete"
Rivista professionale di Sociologia e Società
Cod. ISSN 1970-5972    16

Il ruolo dei media come universo comunicativo nell’era del bicapitalismo è caratterizzato da un incessante flusso di immagini che ci travolge senza lasciare tempo alla riflessione, ignorando completamente quello che è il pensiero e la volontà del singolo soggetto. Tale flusso, come sosteneva Giovanni Sartori produce “il prevalere del visibile sull’intellegibile che porta ad un vedere senza capire”. In altre parole, l’immaginario collettivo, inteso come spazio in cui comunicazione e desiderio si intersecano, a causa dell’incessante scorrere delle immagini mediali non lascia più spazio all’immaginazione. L’homo “videns” a differenza dell’homo “sapiens” è limitato nel pensiero razionale, non riesce ad avere capacità di astrazione e a rappresentare ciò che vede attraverso il linguaggio. Soli davanti al proprio televisore o davanti al proprio computer all’interno delle diverse “piazze sociali virtuali”, spesso ci si illude di comportarsi in maniera individuale ma in realtà non stiamo facendo altro che fare la stessa cosa che stanno vivendo centinaia di migliaia di altre persone.
Il risultato più immediato di questo meccanismo è la “spettacolarizzazione dell’interiorità”, ossia crolla quella barriera che separa l’interiore dall’esteriore e l’individuo esiste in quanto esibisce la propria interiorità. Prevale l’apparire e il “mostrare”. Un’esemplificazione di quanto detto sono i reality-show, in cui si attiva un gioco tra persona e personaggio. In questi format si realizzano ruoli e stili comportamentali costruiti intorno a conoscenze individuali e collettive. Il bicapitalismo mediale trova qui un proprio indirizzo specifico che è quello dell’emozione mista all’intrattenimento o come definita da qualche studioso, dell’emotainement (emozione e trattenimento). Infatti, diversi studi effettuati in tale ambito evidenziano come la televisione, insieme ai media di origine più recente vanno a collocarsi tra la voglia di “spiare” l’intimità dell’altro ed il narcisismo proprio di una parte di pubblico che oramai tende a vivere come se fosse “sotto l’occhio continuo” delle telecamere. Il tutto accompagnato da un proliferare di miti e ruoli di cui il potere mediale ha continuamente bisogno per riprodursi.



                                                                                                      
 Rossella Cappabianca