La lettura delle violenze
e dei maltrattamenti subiti dai minorenni racchiusa in numeri sommersi e di
difficile interpretazione, mi spinge a fare una profonda e dura riflessione
come sociologa. I recenti fatti di cronaca evidenziano che le segnalazioni
fatte dai singoli e dalle associazioni del settore sono sempre più frequenti.
Le tipologie di violenza devono essere viste secondo un’ottica sistemica, nelle
loro interrelazioni. La possibilità di proteggere i minori da tutte le
situazioni pregiudizievoli per il loro percorso evolutivo è strettamente
connessa alla capacità degli adulti di riconoscere precocemente i segnali del
disagio e delle forme di abuso all’infanzia. Pertanto, l’acquisizione da parte
dei genitori, dei diversi professionisti del sociale e della Scuola di maggiori
competenze nella capacità di osservazione e ascolto del bambino risulta essere
il principale strumento operativo per realizzare interventi efficaci.
L’organizzazione Mondiale della Sanità definisce come “maltrattamento
all’infanzia” tutte le forme di cattiva cura fisica e affettiva, di abuso
sessuale, di trascuratezza, di sfruttamento commerciale, che comportano un
pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua
sopravvivenza e il suo sviluppo socio-relazionale da adulto. E’ stato comprovato
che qualsiasi forma di maltrattamento produce una forte ricaduta sulla salute
fisica, sulla sicurezza, sull’equilibrio emotivo-relazionale e stima di sé del
bambino, sia per il suo presente che per il suo futuro ruolo sociale. A tal
proposito, il Garante per i diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza ha
fortemente voluto un lavoro di ricerca per misurare ed analizzare in modo
accurato la portata del maltrattamento e della violenza su bambini ed
adolescenti. Per quanto riguarda le regioni italiane i dati evidenziano che su
1000 minorenni presi in carico dai Servizi sociali al Nord 156 risultano
“maltrattati”, 260 per i Servizi sociali del Centro e 273 per quelli del sud
Italia, di questi la maggioranza è di sesso femminile, mentre nel mondo 1adulto
su 4 risulta essere stato maltrattato o abusato da bambino. Questa ricerca
mette in evidenza l’utilità di realizzare una raccolta dati periodica che permetterebbe
anche ai singoli Comuni di monitorare sia la capacità dei propri Servizi di
rispondere al bisogno sia l’efficacia degli interventi. Da qui una serie di
riflessioni. In primo luogo, i danni, sanabili nella misura in cui si lavora e
ci si impegna nell’aiuto aumentando il livello di attenzione piuttosto che
l’ansia di controllo; in secondo luogo, i genitori o gli adulti di riferimento
sono il primo tramite più importante con il mondo, attraverso cui si solidifica
l’equilibrio personale e il rapporto con l’esterno, con “l’altro”. Se viene
violato il rapporto di fiducia primario come si può pensare che il bambino o
ragazzo possa credere in qualcosa? Infine, il ruolo centrale del contesto
sociale e culturale. Nessuno di noi è un’isola come affermava Aristotele, siamo
immersi in una società che ci condiziona e che attraverso i suoi nuovi modelli
culturali “virtuali” forse sta portando ad una “normalizzazione della
violenza”. Avere dati affidabili e comparabili negli anni è solo il primo
passo, bisogna poi lavorare sodo per rendere efficaci gli interventi.
Rossella Cappabianca