LO STIGMA SOCIALE E I “SOCIAL NETWORK”



 


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Oggi più che mai viviamo un processo di alienazione conseguente allo sviluppo delle nuove tecnologie comunicative, di cui Facebook e le innumerevoli chat ne sono l’interfaccia.
I “social network” sono diventati “costruttori” dell’opinione pubblica. La cosiddetta “piazza virtuale” consente a chiunque di poter esprimere la propria opinione, la quale per quanto “democratica” possa apparire, lascia spazio ad un “populismo mediatico” e ad una comunicazione agita senza alcuna forma di controllo.
In questo contesto si vanno a collocare anche le nuove forme di giornalismo che in alcuni casi, allontanandosi dall’etica e dalla deontologia, puntando esclusivamente al “sensazionalismo”, fanno perdere di vista la veridicità dei fatti, generando reazioni emotive eccessive.
Si può ipotizzare, dunque, una co-causazione circolare tra stigma sociale, dinamiche attivate dai “social network” ed effetti prodotti.
Dal punto di vista analitico il sociologo Erving Goffman distingue in questo processo due tipi di identità: “l’identità sociale virtuale”, ossia, come dovrebbe essere la persona che stiamo prendendo in considerazione e “l’identità sociale attuale”, vale a dire, la categoria cui quella persona appartiene, comprensiva delle “attribuzioni” assegnate.
Pertanto, chiunque disattenda ciò che viene reputato “normale e accettabile” finisce per essere “screditato”. Lo “stigma sociale” attribuito produce effetti “devastanti”. La “spettacolarizzazione” pregiudizievole avviene grazie alla “gogna mediatica” agita dalle “piazze virtuali” costruite dai “social network”.
Si pensi, a tal proposito, ai casi offerti da filmati “compromettenti” riguardanti soggetti come gli adolescenti o i personaggi pubblici (tra cui i “politici”) e al danno socio-relazionale subito.
Di fronte a questo scenario, l’’interrogativo che sovviene è il seguente: come si può limitare tale fenomeno?
Implementando la sicurezza e il controllo da parte dei gestori dei “social network” ma soprattutto introducendo una “regolamentazione” dei contenuti pubblicati.

ROSSELLA CAPPABIANCA