Una problematica sempre attuale quella dei conflitti intrafamiliari e
di coppia, mutata nel tempo in conseguenza alla trasformazione della
società.
L’ottica sistemico-relazionale – di origine sociologica – legge la
famiglia come sistema primario di relazioni, ovvero, come un sistema di
individui che si struttura attraverso le relazioni tra i soggetti che lo
compongono e tra questi e il mondo esterno.
Le diverse fasi del ciclo della vita comportano dei cambiamenti
nell’organizzazione del sistema famiglia. Quando una famiglia non riesce
ad attuare il cambiamento bloccandosi in una delle fasi possono nascere
problemi relazionali e/o sintomi patologici.
La Mediazione Familiare è un percorso il cui scopo non è la “terapia
di coppia” ma aiutare la “coppia in crisi” a ripristinare una
comunicazione costruttiva a tutela di se stessa e dei figli, soprattutto
se minori.
La tutela delle relazioni familiari tiene in prevalente considerazione il diritto superiore del fanciullo ad una bigenitorialità
condivisa, la quale rimanda al principio etico per cui un bambino ha il
legittimo diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i
genitori anche se questi sono separati o divorziati.
Un principio consolidato da tempo nella “Convenzione dei diritti dei fanciulli” sottoscritta a New York il 20.11.1989. In Italia la Legge 54/2006 riconosce il principio della bigenitorialità attraverso l’”affido condiviso” per i figli di coppie separate anche non sposate.
C’è, però, da sottolineare che
l’”affido condiviso” e la Mediazione Familiare non sono necessariamente
propedeutici tra loro, quest’ultima può risultare utile anche per le
coppie senza figli. L’importanza di questa normativa consiste nel
riportare la Mediazione al suo ruolo istituzionale, ossia, essere uno
strumento utile per negoziare un accordo sugli interessi concreti
materiali, sollevandola dalla più impegnativa ricostruzione del legame affettivo tra i coniugi.
Rossella Cappabianca