I BAMBINI VITTIME E STRUMENTI DI GUERRA



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Il fenomeno sociale dei bambini kamikaze, violati, rapiti, arruolati dall’Isis e utilizzati come strumenti di guerra è in aumento. Le Associazioni per i Diritti Umani parlano di circa 300 mila bambini di età inferiore ai quattordici anni.
Dopo la strage di Gaziantep (Turchia), dove un ragazzino si è fatto esplodere provocando diverse vittime, in Iraq le forze dell’ordine hanno fermato un dodicenne – probabilmente non cosciente di quello che stava per compiere – il quale “derubato” della sua innocenza, indossava una cintura esplosiva.
Questo è lo scenario di un conflitto planetario che sta caratterizzando gli attuali contesti socio-politici. La sociologia s’interroga su questi fenomeni sociali cercando di individuare una probabile relazione causa-effetto.
Di fronte a tale scenario, poiché l’utilizzo dei bambini costituisce un crimine di guerra, la domanda da porsi è la seguente: perché il mondo rimane pressoché in silenzio?
Il compito e la responsabilità di ricercare una soluzione a tale dramma riguarda i governi dei Paesi coinvolti, i quali dovranno prevenire e contrastare queste forme di sfruttamento e violenza.
In alcune zone dei territori interessati da codesti conflitti, ad esempio, uomini e donne della resistenza curda combattono l’avanzata dell’esercito dell’Isis. Forse bisognerebbe sostenere maggiormente questo impegno.
D’altronde il “pacifismo è un lusso che si può permettere solo chi comanda”.
Rossella Cappabianca