LA MEDIAZIONE FAMILIARE IN SOCIOLOGIA



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La mediazione familiare si propone come approccio alternativo alle tradizionali procedure legali di gestione dei conflitti coniugali in caso di separazione o divorzio.
La sociologia si occupa da sempre dei “conflitti”, basta soffermarsi sul peso attribuito alle “teorie del conflitto”. I sociologi sono passati, nel corso del tempo, dal “lavorare” sul conflitto in termini astratti e teorici, a interventi applicativi finalizzati alla soluzione e al superamento dello stesso.
Sempre dal punto di vista sociologico, la famiglia è considerata essenzialmente un “network di relazioni” vissute in un determinato spazio/luogo (casa), collocato in uno specifico contesto sociale, in cui si evidenziano ruoli e funzioni dei membri che la compongono.
Pertanto, poiché i modelli di famiglia rappresentano un microcosmo sociale correlato alle caratteristiche delle società in cui esistono, le trasformazioni di quest’ultima implicano un mutamento anche delle stesse strutture familiari.
La crisi della società è anche la crisi della famiglia e viceversa. Si concretano così conflitti coniugali che sempre più spesso giungono a separazioni e divorzi, di cui ha dovuto prendere atto anche la Legislazione.
Sul piano culturale, separazioni e divorzi, visti da sempre come forme di “devianza”, accompagnate da “giudizi” rivolti a colpevolizzare coloro che la attuavano, si trasformano in fenomeni evolutivi che mutano le interazioni familiari, in riferimento a due importanti momenti che modificano lo stesso concetto di famiglia: crisi e riorganizzazione. Di conseguenza, separazioni e divorzi non sono più da considerare esclusivamente come questioni familiari ristrette ma allargate al sociale.
In tale scenario va inquadrata la figura del Sociologo Mediatore Familiare, che agendo come terzo “neutrale”, “super partes”, assiste la coppia nella gestione congiunta del conflitto e nella ridefinizione dei nuovi confini familiari.
Rossella Cappabianca