ASSOCIAZIONI




Socio ANS – Associazione Nazionale Sociologi (Tessera n. 1361/CAM), da aprile 2007. 
 Responsabile Prov. Di Caserta dell’ANS Dipartimento Campania.




CNEL – 17/07/2013 – RICONOSCIMENTO DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE SOCIOLOGI


LEGGE REGIONALE N°13/2017 "ISTITUZIONE DEL SERVIZIO DI SOCIOLOGIA DEL TERRITORIO




UTOPIA E STORIA: IL MODELLO OPERATIVO DELL’ANS CAMPANIA


di Antonio Sposito (Presidente ANS Campania)

Pubblicato su Rivista annuale “La Società in … Rete”, Anno IX, Edizioni Capuano, Castel San Giorgio (SA), 2017, ISSN 1970-5972


Un sociologo deve essere utopista.

A tal proposito, Durkheim, nella sua opera “Le regole del metodo sociologico” affermò: “La sociologia non vale la fatica di un'ora se non servisse per migliorare la società”.

Il sociologo deve avvertire la presenza di un ordine diverso da quello costituito, ci sono fatti che vanno interpretati in una luce differente da quella in cui appaiono nella vita comune e nell’agire delle istituzioni, perché la cultura che governa sia l’opinione pubblica sia le stesse istituzioni italiane non è neppure definibile antisociologica ma a-sociologica, in altre parole, regna una ignoranza generalizzata su chi siano i sociologi e di cosa si occupano.

Il paradosso è che nonostante i sociologi studino la società, essendone il “grillo parlante”, in Italia non sono ascoltati, né considerati.

Ciò è alquanto singolare perché la sociologia, all’alba della rivoluzione industriale, nasce come “scienza di sistema” voluta dalla società borghese, il cui bisogno era comprendere e controllare una società in via di trasformazione epocale, che nel transitare da una economia agricola ad una economia industriale necessitava di un nuovo ordine sociale.

In Italia alcuni sociologi hanno poi trasformato la sociologia, dalla nascita della prima facoltà sorta a Trento nel 1962, in “scienza antisistemica”, frutto del parossismo delle frange politicizzate più estremiste e terroriste. Ciò non ha più consentito alle future generazioni di sociologi di costituire il proprio ordine professionale.

Questo però, nella situazione storica, sociale e istituzionale che attraversiamo, non significa per i sociologi italiani rifiutare di lottare per far rispettare la propria dignità professionale, la propria identità, costruttori di una nuova idea di società.

Ciò che connota il sociologo è, dunque, una ispirazione oserei dire quasi lirica, soggettivistica, che non si lascia reprimere dalla forze dominanti, capace di coltivare l’utopia di mutare lo status quo, del suo oltrepassamento. Un sociologo deve dunque “negare” la società reale. È questa la sua forza propulsiva, egli non amministra soltanto l’esistente.

Il sociologo, di là dell’ambito professionale in qui opera, non si distingue soltanto per il titolo di studio conseguito ma per il modo connessionale di osservare la realtà, per la sua forma mentis. Nessun fenomeno sociale può esser spiegato in sé, esso va contestualizzato, ossia, collegato con altri fenomeni che compongono la struttura sociale e alle correlate latenze.

Un sociologo nel suo essere utopista non può identificarsi esclusivamente con la realtà in cui opera, deve sempre attuare quel necessario distacco tra ciò che “è” e ciò che “deve essere” o “dovrebbe essere”, altrimenti non è in grado di immaginare altri mondi possibili.

L’utopia sociologica che sostengo, rifiuta di considerare la categoria dei sociologi professionisti come figlia di un “dio minore”, sottomessa alle logiche lobbistiche e discriminatorie imposte da altri ordini professionali e persino dal mondo accademico che ci ha partorito. Logiche intrise di interessi politici ed economici.

La mia è una critica senza appello.

Nella divisione sociale del lavoro è indispensabile che i cittadini italiani, così come sono consapevoli dei bisogni che soddisfano professionisti quali medici, avvocati, ecc., sappiano chi sono e a cosa servano i sociologi.  

Per raggiungere tale obiettivo, ossia, diffondere la cultura sociologica, è necessario attivare le seguenti e fondamentali forze propulsive, senza le quali i sociologi si troverebbero in una condizione ancor più declassata: a) la crescita dell’Associazionismo Professionale dei sociologi, rafforzato negli ultimi anni dalla promulgazione della Legge 4/2013 che disciplina le “professioni non ordinistiche”; b) la valorizzazione dei sociologi da parte delle istituzioni pubbliche e private; c) la mediatizzazione della sociologia al fine di raggiungere in modo capillare l’opinione pubblica, sensibilizzandola sull’utilità dei sociologi.

Tale preambolo per dire che proprio perché utopista, l’ANS Campania ha scritto delle pagine di storia della sociologia!

Essa ha fatto di questa utopia una impegnativa, dolce e soave missione vissuta quotidianamente senza lesinare tempo e sforzi, condita da una estesa “immaginazione sociologica”, abbinata alla mentalità manageriale dei dirigenti (necessaria se si vuol essere in grado di applicare la Legge n°4/2013), costituita dalle capacità di comunicazione, organizzazione e formazione, capisaldi di un organismo professionale rappresentativo che vuol definirsi serio ed efficace.



GENESI E PASSIONE DI UNA LEGGE

Chi poteva vagheggiare che dopo 4 anni di lotte dure, un manipolo di sociologi dirigenti visionari, investiti da innumerevoli difficoltà, avrebbe strutturato e fatto approvare la Legge Regionale 13/2017 “Istituzione del servizio di sociologia del territorio”, allorquando nel 2013 l’ANS Campania, in qualità di organizzazione rappresentativa dei sociologi professionisti, in relazione all’emanazione della Legge Regionale n.9 del 2013, riguardante l’”Istituzione del servizio di psicologia del territorio della Regione Campania”, fece notare in Audizione alla VI Commissione della Regione Campania, che gli articoli strutturanti la suddetta legge, rimandavano a concetti di pertinenza sociologica piuttosto che psicologica, rendendo di palmare evidenza che i termini utilizzati per indicare fenomeni ed effetti prodotti da dinamiche socio-relazionali quali: “sistema di convivenza”, “disagio relazionale nella famiglia, nella scuola e nella comunità”, “fragilità sociale”, “integrazione psico-sociale dei cittadini immigrati”;disagio giovanile e dei comportamenti a rischio”, così come le stesse locuzioni “territorio” e “piano sociale”, rinviano inequivocabilmente a competenze appartenenti al sociologo. 

In questa sede sottolineammo con energia che la Legge Regionale n.9 del 2013, escludendo, di fatto, la figura del sociologo, rendeva estremamente parziali e incompleti gli interventi assistenziali, con fortissime ricadute negative sul già precario equilibrio delle politiche sociali attivate nel territorio campano. Il fine che ci prefiggemmo fu tutelare le impellenti esigenze assistenziali del suddetto territorio, nonché la professionalità di tutti i sociologi, non soltanto gli iscritti ANS.

Ebbene, dopo quattro anni d’incessante lavoro da parte dell’ANS Campania, di cucitura di relazioni a cavallo di due legislature con maggioranze diverse, la summenzionata legge è stata approvata all’unanimità dal Consiglio Regionale.

Io l’ho definito un miracolo politico.

Corre però l’obbligo di precisare che, in riferimento al ricorso inoltrato dal CNOAS (Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali), accolto dal Ministero di Grazia e Giustizia, e al Comunicato Stampa  del Consiglio dei Ministri n.39 del 21 Luglio 2017, concernente l’impugnazione della legge della Regione Campania n.13 del 22/05/2017, “Istituzione del servizio di Sociologia del Territorio della Regione Campania”, in quanto alcune norme in materia di professioni violano l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, altre norme, riguardanti il rapporto di lavoro del personale regionale, invadono la competenza statale in materia di ordinamento civile, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, e altre infine violano il principio di copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, della Costituzione, la suddetta legge, in valutazione presso l’Avvocatura dello Stato, è pienamente in vigore fintantoché la Corte Costituzionale non ravveda in essa eventuali criteri di incostituzionalità, motivati attraverso apposita sentenza.



ALTRE REALIZZAZIONI DELL’ANS CAMPANIA

L’ANS Campania ha, inoltre, concretato una ulteriore pagina di storia della sociologia italiana, allorché ha introdotto dodici suoi iscritti nei Tavoli Regionali organizzati dall’Assessorato Politiche Sociali regione Campania per la cosiddetta “Primavera del Welfare”.

Il partecipare come sociologi nei luoghi istituzionali dove siedono i decision maker delle Politiche Pubbliche, è uno straordinario risultato che tutela sia i cittadini sia la propria professione. L’ANS Campania già da qualche tempo ha indirizzato il suo agire operativo verso l’istituzionalizzazione permanente del sociologo.

Oltre alla collocazione del sociologo in ruoli dirigenziali e decisionali presso le istituzioni pubbliche, l’ANS Campania ha creato anche le “Nuove professionalizzazioni del sociologo” da svolgere come liberi professionisti, istituendo i relativi corsi di formazione. Esse sono: Sociologo Forense, Sociologo Counselor, Mediatore familiare a indirizzo sociologico, Vittimologo.

In più, oltre ad aver ha impiantato partenariati e protocolli di intesa con enti pubblici e privati, ha fondato il suo organo di informazione istituzionale “ANS Campania News” (con correlata Pagina Facebook molto seguita), magazine on line di giornalismo sociologico, rientrante nel cosiddetto citizen journalism, registrato presso il Tribunale di Napoli, per fornire l’opportunità ai suoi iscritti di richiedere, dopo un certo numero di articoli, l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti come Pubblicisti.

In conclusione, in un mondo che muta, sento di fare un appello a favore dell’Associazionismo di Categoria, che vuole essere una sollecitazione a tutti i sociologi, soprattutto i giovani laureati che si affacciano al mercato del lavoro.

Ne spiego il perché.

Se si è compresi che il mondo si sta trasformando deve essere chiaro che anche la nostra professione è in trasformazione. Se un sociologo non ha inteso, ciò è fuori da questo stesso mondo, ahimè non in senso metafisico ma da ignorante. Per un sociologo vivere una condizione di ignoranza rispetto al mutamento sociale è ancor più grave che per altre categorie professionali.

I sociologi per lavorare ed essere tutelati, non dovendo conseguire il vincolo ordinistico come avviene appunto nelle professioni regolate da un Ordine, credono che sia superfluo iscriversi alle Associazioni Nazionali di Categoria Professionale riconosciute.

Attenzione, niente di più sbagliato. Con il recepire la Legge 4/2013, le istituzioni pubbliche e private per contrattualizzare le posizioni lavorative richieste, possono richiedere ai candidati, così come succede per le “professioni ordinistiche”, le “certificazioni di competenze”, le quali devono essere rilasciate dall’Associazioni di Categoria di appartenenza.

A tal proposito, cito l’esempio di un nostro associato campano che per essere inserito nella short list dei formatori della Regione Campania che la aveva pretesa, mi ha richiesto la “certificazione di competenze”. Procedura già consolidata presso i Tribunali per iscriversi agli Albi dei CTU.

Essere associati però non deve rappresentare soltanto un fine utilitaristico personale, serve anche per fornire più forza politica e contrattuale ai sociologi, necessaria allorquando occorre sostenere istanze a tutela e sostegno della propria professione. 

La realtà fattuale ci chiede, quindi, un cambio di mentalità a partire dagli studenti universitari e dai neo-laureati, finendo ai sociologi più anziani di lungo corso, ovunque siano allocati o purtroppo disoccupati.

Se tiene ferma questa convinzione, questa esigenza ormai ineludibile di essere tutelati e protetti professionalmente, allora sarà possibile coltivare prospettive migliori, facendo in modo che gli spazi a disposizione dei sociologi non siano erosi, ma, viceversa, siano ampliati rispetto a quelli odierni.

Non è un discorso corporativistico, abbiamo bisogno di comprendere che nessuno avrà interesse a creare spazio per i sociologi se essi per primi non ne sono convinti. Esigere di partecipare ai luoghi dove si programma e si prendono decisioni, significa far conoscere la professione, indicare le competenze che possono essere utili per quel determinato progetto, intervento, servizio, vuol dire attestare la nostra esistenza.

Questo lo dobbiamo a noi sociologi perché da soli non abbiamo nessun potere. Abbiamo, dunque, il dovere di essere una squadra, una comunità professionale, che nel suo essere coesa trova una maggiore forza d’impatto presso i decision maker.

Pertanto, per non essere divisi e, di conseguenza, più deboli, a mio avviso, è indispensabile creare la Federazione delle Associazioni Nazionali dei Sociologi riconosciute, le quali, pur conservando le proprie particolarità, non devono perdere di vista l’obiettivo comune: costruire unitariamente il futuro del sociologo professionista.

Ritengo che in questo momento storico di rilevante mutamento sociale, per far crescere la nostra professione di sociologi e di conseguenza la società in cui operiamo, sia di fondamentale importanza accettare una sfida così stimolante.

Io non so con precisione dove porterà questa strada, ho cognizione però che è l’unica percorribile, l’unica intrisa di possibilità pressoché infinite per i sociologi, ciò che chiedo è di percorrerla insieme, uniti.